Descrizione
Il Palazzo Giliberti si inserisce tra i maggiori complessi monumentali del centro storico di Grumento Nova e si affaccia sul versante sud est della Val d'Agri.
Il Palazzo, dal Seicento all'Ottocento, è appartenuto alle più importanti e nobili famiglie di Saponaria, dai Danio ai Giliberti. Nella programmazione attuale, si vuole ricollocare la Biblioteca Storica "Carlo Danio" all'interno dei locali, riutilizzando la sede originaria. Si tratta di oltre 2000 volumi di inestimabile valore, con numerosi incunaboli, cinquecentine e seicentine, oltre a una ricca sezione di manoscritti, alcuni anche datati.
Amato Danio nacque a Saponara nel 1619 da una ricca famiglia gentilizia, e fu tra i maggiori giureconsulti del suo tempo. Non trascurò gli studi di storia locale, e accolse nella sua biblioteca privata quasi tutti i giovani studiosi di Saponara, ai quali riuscì a infondere il suo entusiasmo e la sua passione per le memorie del proprio paese. La sua traduzione in italiano della Geografia dell'Antica Lucania di Strabone si conservava nel 1837 nella Biblioteca del Convento dei Padri Cappuccini di Saponara: ciò risulta dall'elenco dei libri esistenti realizzato per volontà del Padre Guardiano Alfonso Maria di Montesano, elenco oggi conservato nell'Archivio di Stato di Potenza (sezione Monasteri soppressi, vol. 30).
Danio scrisse inoltre Riflessioni su di un trattato delle cerimonie cinesi all'idolatria greca e romana. Fu definito dal Muratori, dal Giannone e dal Giustiniano “ornamento e splendore dei suoi tempi”. Morendo, nel 1705, portò nella tomba la segreta speranza che il giovane nipote Carlo seguisse le sue orme, di umanista ed erudito.
Carlo Danio, figlio di Giuseppe e di Violante Ceramelli, erede del patrimonio librario accresciuto nel tempo, fu nominato arciprete della Collegiata insigne nel 1702, e dimostrò un grande amore per i resti dell'antica Grumentum, tanto da creare un museo da lui definito “tesoro camerario”, metà dei più celebri studiosi dell'epoca: alla sua morte i reperti andarono dispersi, mentre la biblioteca ebbe sorte migliore. Il Danio, infatti, la lasciò per testamento al Convento dei Cappuccini, eretto nell'anno 1555, con l'obbligo per i monaci di permettere la consultazione due giorni alla settimana, il giovedì e la domenica. Tali notizie sono desunte da una lettera del Provinciale del tempo, P. Silvestri da Tursi, il quale, in data 16 novembre del 1737, chiese al Padre generale la debita licenza di accettare i libri e di permettere la consultazione agli estranei dell'ordine. Secondo gli Atti del Parlamento 1820-1821 (fasc. 24, Archivio di Stato, Napoli), la biblioteca doveva essere invece aperta tutti i giorni.
Reso il Convento inagibile in un'ala dal violento terremoto del 1857, il patrimonio librario fu salvato dal Padre Serafino di Lagonegro, che provvide a trasferirli in locali rimasti indenni.
Nel 1871, per volere del sindaco Carlo Caputi, i libri furono sistemati in un locale preso in fitto dal Comune, e la cura del patrimonio fu affidata a Lucio Roselli, il quale stilò un elenco alfabetico, dal quale risultavano 1686 volumi, un codice minato e 52 pergamene fatte restaurare nel 1987 dalla Regione Basilicata. Due anni dopo, la biblioteca venne ospitata nel Municipio, e Giacomo Racioppi, insigne storico moliternese, per intercessione dell'erudito arciprete Francesco Paolo Caputi, allora direttore della biblioteca “Carlo Danio”, preparò un regolamento che la Prefettura di Potenza approvò il 28 ottobre 1874. Il Caputi è tra l'altro autore dell'importante saggio storico Tenue contributo alla storia di Grumento e Saponara con relative notizie che procedono dell'alta Val d'Agri e dei suoi paesi, edito a Napoli presso la tipografia Pesola nel 1902, e di un opuscolo edito a Potenza nel 1882, nel quale asserì che la pregevolissima biblioteca donata dal Danio ai Cappuccini per gli studiosi del paese natio fu aperta legalmente al pubblico il 18 giugno 1882.
Gli ambienti della casa comunale che ospitano attualmente la Biblioteca
Dopo la morte del dotto arciprete, avvenuta nel 1922, la “Carlo Danio” fu diretta dal colonnello Antonio Pricolo, nato a Saponara di Grumento il 1° gennaio 1865 e morto il 21 dicembre 1958. Dottore in veterinaria nel 1888 e in medicina nel 1900 presso l'Università di Palermo, fu uomo di grande cultura umanistica e continuatore della superba tradizione grumentina che annovera Roberto da Romana del sec. XII, Amato e Carlo Danio, Bonifazio Petrone detto “Pecorone”, Francesco Saverio Roselli, Francesco Paolo Caputi. Il Pricolo dedicò tantissimi anni al riordino e alla catalogazione secondo lo schema già in uso, ovvero rispettando le quattro sezioni (1. giuridica; 2. ecclesiastica; 3. letteraria e storica; 4. miscellanea). Gli scaffali tuttora esistenti li fornì lo stesso colonnello: “Finchè vivrò – scriveva il vegliardo all'illustre professor Ramagli, originario di Sarconi, autore di numerose opere sull'archeologia grumentina e assiduo visitatore della biblioteca – non cesserò di tentare il salvataggio della biblioteca, il maggior titolo di nobiltà di questo paese”.
Sotto la guida del colonnello Pricolo, si sono dedicati all'inventario della biblioteca il parroco don Domenico Latronico, Ettore Bove, che coinvolse nel riordino perfino i figli ancora bambini, e il professor Antonio Maiorino, all'epoca vicesindaco della giunta La Rossa. A essi si deve òa costituzione di un comitato per una campagna di scavi a Grumentum nel 1951.
Nel 1957 fu affidato l'incarico di redigere un regolamento al professor Bartolomeo Lapadula. Si sono avvicendati poi numerosi altri grumentini alla direzione della biblioteca, incaricati dalle varie amministrazioni comunali di gestire l'apertura della biblioteca garantendo agli studiosi la fruizione del patrimonio librario. Oggi la biblioteca è riportata nell'elenco delle Biblioteche Nazionali a cura del Ministero della Pubblica Istruzione, e costituisce ancora, come ribadiva il colonnello Pricolo, “il titolo di maggior nobiltà dell'odierna Grumento”.
Copyright testo di Domenico Florio.
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