Descrizione
Nel corso dei secoli questa chiesa ha subito innumerevoli restauri e rifacimenti dovuti non solo ad ordinaria manutenzione, ma anche ai diversi terremoti che si sono succeduti in questo territorio, che l’hanno profondamente trasformata, soprattutto negli ornamenti e nelle decorazioni.
La prima edificazione della chiesa risale all’inizio del XIII secolo, fin da subito intitolata a San Zaccaria martire. Si trattava di un modesto edificio eretto nella parte più antica del paese, all'esterno delle mura poco fuori porta, nei pressi dell’attuale Piazza Sedile, meglio conosciuta come “Piazza Vecchia”, della chiesa madre e del Castello Caracciolo.
La chiesa viene menzionata per la prima volta nel 1222, in una Platea del 1222 nella quale si legge che un certo Guglielmo Pantaleone donò alla cappella di San Zaccaria un terreno.
La parrocchia fu poi ampliata, e forse completamente ricostruita, nel 1571 su progetto dell’architetto Donato Cafaro, detto "il pignoloso", nativo di Cava dei Tirreni, attivo con la sua famiglia di impresari edili anche nell'edificazione del coevo convento francescano dell'Annunziata. Essa subì anche modifiche architettoniche rispetto all'originale andata molto probabilmente distrutta in seguito al violento sisma del 31 luglio 1561
San Zaccaria, che al tempo della sua fondazione era una delle sei parrocchie autonome di Brienza, dopo la terribile epidemia di peste del 1656, che falcidiò quasi metà della popolazione, perse alla fine del 1600 il rango "parrocchiale", divenendo dapprima coadiutrice recettizia (come risulta già nel 1741; veniva in quest’epoca governata da un Rettore autonomo), poi "filiale" della Chiesa madre di Santa Maria Assunta.
Essa subì ulteriori restauri e ampliamenti nella prima metà del XVIII secolo; in quest’epoca fu prolungata la navata nella parte posteriore, dove fu installata una cantoria pensile (oggi non più esistente) dotata di un organo a mantice; l’entrata fu allargata e fu adornata da un portale in pietra decorato a bassorilievo dal maestro scalpellino Andrea Carrano da Padula (datato 1757); vennero eseguiti i lavori che portarono alla realizzazione della nuova sacrestia, dell'organo a mantice con cantoria pensile e di un prolungamento di entrambi i lati della navata, nella parte posteriore l’altare, con la realizzazione del coro ligneo absidale, prima assente, a 27 stalli.
La cappella possedeva, prima del terremoto del 1857, sul lato est e posteriormente, a ridosso dell'abside, un altissimo campanile che quasi eguagliava in altezza gli altri due delle chiese di Santa Maria e dell’Annunziata che sorgevano su collina; (scrive il Rossi: “...aveva una volta un altissimo campanile, quasi avesse voluto l’architetto eguagliare dal piano, l’altezza dei due campanili dei colli...”), caduto a seguito del sisma.
La nuova torre campanaria, a pianta quadra, alquanto corta e tozza, fu ricostruita anni dopo nell'aria di sedime. Esso si mostra ora con un livello di finestre monofore sui quattro lati e cornicione aggettante modanato. Presenta tre campane, di cui quella grande, fino a pochi decenni or sono, veniva suonata a distesa durante i temporali poiché “...era convinzione diffusa negli abitanti del paese, anche per antica e tradizionale credenza, che le onde sonore di questa campana allontanassero i fulmini e la grandine...”
Fino al XIX secolo la chiesa, fornita di cripta, di cui si può vedere la botola di tumulazione nei pressi dell’altere di San Gaetano nel cappellone a sinistra dell’altare maggiore, fu utilizzata per le sepolture, soprattutto di neonati.
L'adeguamento liturgico ha previsto l'integrazione dell'area presbiteriale, con l’aggiunta di un altare in pietra davanti l'altare tridentino nel quale si trova la custodia eucaristica; la sede della presidenza è in legno, mentre l'ambone è costituito da una struttura leggera in metallo.
L’ultimo restauro che ha interessato l’intero edificio, successivo al sisma del 1980, ha portato alla luce affreschi che coprivano le pareti perimetrali, solo parzialmente recuperati, posti l'uno (raffigurante la Trinità) nella quarta arcata di sinistra, e l’altro nella terza, che furono ricoperti, probabilmente per motivi igienici, dopo la peste del 1656. Alcuni affreschi sono attribuiti, da alcuni, al brienzano Pietro Giampietro, mentre le opere antecedenti (1586), secondo alcuni esperti, riflettono la mano di Girolamo Todisco, un "frescante" attivo tra la seconda metà del XVI e la prima metà del XVII secolo.
Si presenta all'esterno con una facciata caratterizzata da un monumentale ed artistico portale in pietra del 1750 situato al termine di una scalinata in pietra squadrata che si sviluppa dal piano stradale sottostate posto a circa due metri dall'ingresso principale. Il portale è costituito da una cornice multipla sormontata da stemma regale finemente scolpito con bassorilievo del Ss. Sacramento e arricchito da bassorilievi e teste di angeli sotto l'architrave.
L'area esterna è a ridosso di un piccolo piazzale pavimentato, con una scalinata che immette all'interno dell'edificio, e di strada adiacente adibita alla circolazione pedonale e veicolare.
Attualmente la chiesa, che si presenta ad unica navata a pianta rettangolare e pavimentazione in marmi policromi di buona fattura, con abside finale e una cappella laterale alla sinistra del presbiterio, possiede tre altari dei dodici che vengono menzionati nel 1932, e quattro delle dodici nicchie. La cantoria, che ne ornava la parte posteriore, sopra la porta d’ingresso, è stata smontata e di essa rimangono solo le travi in legno con facce di angeli scolpite che la sorreggevano e la scala lignea che in essa immetteva. La chiesa, inoltre, si presenta spoglia e priva di quegli affreschi e decorazioni che un tempo sicuramente la ornavano.
Le pareti della navata presentano una serie di arcate cieche, sei sul lato destro e quattro sul lato sinistro. Tra la quinta e la sesta arcata, proprio sulla parete sinistra, furono ricavate nel 1750, con l'utilizzo degli spazi retrostanti adibiti a sacrestia, le attuali cappelle comunicanti con volte a crociera decorate con un ricco ornato in gesso e altari in pietra.
Sul presbiterio, leggermente rialzato rispetto al piano di calpestio, è collocato l'altare maggiore secondo l'uso pre Concilio con immediatamente a ridosso la nuova mensa d'altare.
Nell'abside, che è diviso dal resto della navata e quindi dal presbiterio da un arco a tutto sesto, si apre una un ampio finestrone rettangolare ed è presente un coro ligneo del XIX secolo. Dei dodici altari minori, posti sotto le arcate a tutto sesto delle mura perimetrali, ne sono stati rimossi il maggior numero dopo l'ultima ristrutturazione e attualmente ne rimangono solo tre, due nella cappella sinistra e l'altro sulla parete destra della navata. Sul presbiterio, ai lati dell'arco che la divide dall'abside, sono presenti due nicchie con le statue di S. Donato e S. Anna. Nella cappella laterale di particolare interesse è l'altare dedicato a San Gaetano realizzato in pietra marmorea grigia con riflessi verdini e venature bianche. Le arcate perimetrali che scandiscono la navata, divise da alte lesene, sono sormontate da un cornicione su cui si aprono grandi finestroni che illuminano la navata. Fino agli ultimi restauri della fine del secolo scorso erano presenti una serie di botole cimiteriali, ricavate sotto la pavimentazione, rialzata rispetto al piano stradale, in quanto la chiesa fino al XIX secolo era fornita di cripta. Era inoltre presente una cantoria, che ne ornava la parte posteriore, sopra la porta d'ingresso, smontata e della quale rimangono solo le travi in legno con facce di angeli scolpite che la sorreggevano.
Nella IV arcata sinistra è presente il più antico affresco del paese, datato 1586, commissionato dalla famiglia Leopardi. Esso rappresenta a destra la figura di Santa Caterina di Alessandria nell'atto di leggere e, a sinistra, San Leonardo di Noblac. All'apice della scena, la Trinità: Dio sorregge il Salvatore Crocifisso e la colomba vola su di lui. Particolare della III arcata di destra due affreschi sovrapposti, il più recente da datare probabilmente 1750, anno della ristrutturazione.
La chiesa ospita inoltre otto preziose tele datate tra il 1600 e il 1800 tra le quali spicca la "Circoncisione di Gesù" della seconda metà del '600 attribuito a Luca Giordano dal discepolo Simonelli. Altri quadri di un certo interesse sono senza dubbio "la Madonna del Rosario" (1794) e la Vergine con Sant'Anna e San Gioacchino, datata 1833, entrambi opera del Mangieri. Di particolare interesse anche il quadro rappresentante "santi medici Cosma e Damiano" (1790 circa) anonimo di fatto ma secondo alcuni anch'esso attribuibile al pittore Feliciano Mangieri.
L’impianto strutturale dell’edificio è in muratura portante continua in pietrame locale intonacato e tinteggiato sia internamente che esternamente.
La copertura è costituita dal tetto a padiglione sull'unica navata e a falda unica sull’area absidale di tegole a coppi in cotto.
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