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Descrizione

Distanza percorso: 3,2 km        Altitudine: min 611m – max 738m

L’inizio del sentiero è in prossimità della Chiesa del Carmine, per poi passare accanto alla Chiesa di Santa Maria Assunta.

Il sentiero poi incomincia la sua salita all’interno dell’area SIC Murge di San Lorenzo (Sant’Oronzo) che ha una superficie di 5.361,334.
Nel sito ZPS IT 9210271 “Appennino Lucano, Val d’Agri, Monte Sirino, Monte sono presenti 14 tipi di habitat naturali d’interesse comunitario elencati dall’Allegato I della Direttiva 92/43/CEE, la cui conservazione richiede la designazione di aree speciali di conservazione.
Nel sito risiedono le seguenti specie animali indicate dall’Allegato II della Direttiva Habitat:

1. il lupo (mammifero appartenente alla famiglia dei Canidi), nome scientifico “canis lupus”;
2. la lontra (mammifero della famiglia dei Mustelidi), nome scientifico “lutra lutra”;
3. la salamandrina (anfibio), nome scientifico “salamandrina terdigitata”;
4. il tritone crestato (anfibio), nome scientifico “triturus cristatus”.

Continuando a salire verso monte il sentiero attraversa due piccoli fossi che, in occasione di eventi di pioggia, poiché le portate non sono convogliate, determinano problemi al piano viario del sentiero. Dopo i due fossi più a monte si incontra un’area pic-nic.
Questa è la zona di Gallicchio Vetere ed è qui che vi sono stati dei ritrovamenti archeologici.

Sentiero Belvedere - Punto 1 Inizio
Il punto dove ci troviamo adesso, è l’inizio del Sentiero GAL 1 , ai piedi della  rupe che accoglie il borgo medievale di Gallicchio.
A dare inizio al percorso è un portale ad arco in pietra. Da questo punto ci si incammina su un lastricato in pietra, con un muretto di cinta che divide il borgo dalla valle. A pochi metri, è situata la Cappella della Madonna del Carmelo (XVII secolo). Salendo, la stradina diventa una panoramica terrazza, dalla quale lo sguardo è diviso tra il meraviglioso panorama di Aceri e Querce del fosso dei Monaci, e la vista della parte superiore del borgo.
Nell’ultimo tratto i vicoli si fanno più stretti, perciò si raccomanda di affrontarlo con molta attenzione, mantenendo la debita distanza dai vicini ruderi.
Continuando, per uscire dal borgo, arriviamo alla Chiesa di S. Maria Assunta. Proseguendo in discesa si raggiunge un piccolo ponte che dà accesso ad una stradina che un tempo portava al cimitero). Lasciato l’abitato alle spalle, subito ci si immerge nella natura, circondati da Prugnoli, Aceri e Querce, a volte da rigogliosa Edera.
Più avanti la vegetazione cambia: lasciati alle spalle i terreni coltivati, si fanno pian piano evidenti nuove essenze come il Carpino e soprattutto il Leccio e il Ginepro rappresentanti della Macchia mediterranea che da qui in poi è presente lungo tutto il sentiero. Si prosegue mantenendo la destra sino ad incontrare una strada asfaltata che si imbocca verso sinistra. Dopo 50 metri di asfalto, si prende una strada sterrata sulla sinistra indicata da un cartello con il toponimo di Località Piana Neviera.
A livello faunistico, in questo tratto di sentiero appena descritto, è da sottolineare la presenza del nibbio reale. La bellezza di questo rapace ben rappresenta la vera realtà Lucana. Il suo elegante volo sui nostri tetti è un continuo invito ad affacciarci nel mondo naturale ancora integro di questi luoghi: qui l’uomo nel suo millenario percorso ne ha rispettato da sempre la selvaticità, l’ignoto e la forza vitale delle sue leggi.

Sentiero Belvedere - Punto 2 "Chian' da Niver"
Il punto dove ci troviamo adesso (zona Piana della Neviera), è parte di un vecchio tratturo, sempre facente parte del Sentiero GAL 1. Esso un tempo collegava Gallicchio a S.Chirico Raparo ed era l’unica strada di collegamento che permetteva di scendere sulla valle dell’Agri. Sui tratturi non si muoveva solo il gregge, ma un’intera ‘organizzazione itinerante’ di uomini e animali. Il nome tratturo comparve per la prima volta durante gli ultimi secoli dell’impero romano come deformazione fonetica del termine latino tractoria, vocabolo che nei Codici di Teodosio (401-460) e di Giustiniano (482-565), designava il privilegio dell’uso gratuito del suolo di proprietà dello stato e che venne esteso anche ai pastori della transumanza. La transumanza definibile come spostamento stagionale delle greggi dai pascoli estivi della montagna a quelli invernali in pianura, ha costituito, nella realtà storica, un fenomeno molto complesso che ha coinvolto diversi aspetti della vita e della cultura. I tratturi erano strade particolari adibite alla transumanza, ricche di pascoli per le greggi in transito e delimitate, in seguito alle numerose reintegre, da cippi con la sigla R. T. (Regio Tratturo) che ribadivano non solo i confini ma anche la presenza dello Stato.
Facevano parte di file interminabili che sui lati delimitavano le antiche vie in modo da segnalarne inequivocabilmente i confini rispetto alla proprietà privata.
Al centro della piana era stata costruita una Neviera, purtroppo non più presente. Anticamente, quando nevicava copiosamente, si usava raccoglierne la neve e stoccarla all’interno di essa. Di solito tale produzione partiva da dicembre, se nevoso, e durava fino al successivo mese di giugno. La presenza di questi profondi ambienti era frequente nell’area di vicinanze al paese o all’interno delle masserie. Il ghiaccio prodotto veniva impiegato per raffreddare le bevande, derrate alimentari, o a volte curare la febbre, le infiammazioni e le contusioni. Le neviere erano architettonicamente costruite in maniera agevole ed efficace, con tetto ricoperto esternamente da chiancarelle cosparse di terriccio per rendere la temperatura interna uniforme. Attraverso un’apertura sul tetto si introduceva la neve mentre ce n’erano una o due laterali che permettevano i prelievi e l’ingresso agli addetti. Sul fondo dell’impianto si deponevano delle fascine che servivano ad evitare l’inquinamento e lo scioglimento del ghiaccio. Qui vi era anche un canale di scolo che faceva defluire l’acqua all’esterno per non compromettere il restante materiale, accorgimento che garantiva la conservazione del ghiaccio per tutto il periodo estivo. Nel territorio di Gallicchio, ne erano presenti altre, attualmente visibili, una in zona della strada per il cimitero, in grotta con ingresso, ancora presente semi intatto, e un’altra in zona la Monaca parzialmente crollata e altre purtroppo non più visibili. Le neviere testimoniano i tempi in cui la vita era molto più dura e molto più a contatto con la natura dalla quale l’uomo ha sempre cercato di distaccarsi per evolversi.
Le neviere infatti, nella recente storia dell’evoluzione rappresentano simbolicamente il concetto che accompagna la progressiva emancipazione dell’uomo, il quale esprime sempre più l’esigenza esistenziale del benessere e del comfort, ormai difficilmente rinunciabili.
E’ facile vedere in questa zona e quelle limitrofe il Biancone, qui in volo stazionario, in “surplace” mentre scruta attentamente il terreno sottostante alla continua ricerca delle sue prede preferite: i serpenti. Il Biancone (Circaetus gallicus) è un rapace diurno di dimensioni notevoli, poco inferiori a quelle dell’Aquila reale. Può arrivare a misurare circa 70 centimetri di lunghezza e avere un’apertura alare di 170-190 cm (le femmine raggiungono le maggiori dimensioni). È conosciuto anche con il nome di Aquila dei serpenti, perché la sua dieta è costituita quasi al 90% da serpenti.

Sentiero Belvedere - Punto 3 Arrivo
ll sentiero “Belvedere” fa parte di un più lungo sentiero individuato nel catasto della rete escursionistica regionale come  GAL 01 CENTRO ABITATO – GALLICCHIO VETERE, e parte dalla Chiesa del Carmine per arrivare all’area archeologica di Gallicchio Vetere, ricadendo per l’intera lunghezza in aree di RETE NATURA 2000 E NELLA PERIMETRAZIONE DEL PARCO NAZIONALE DELL’APPENNINO LUCANO.
Il punto panoramico permette di scoprire suggestivi scorci sulla Valle dell’Agri e le Timpe di Sant’Oronzo, mentre l’orizzonte è dominato dalle cime del Monte Alpi e del Raparo.
A circa 950 mt dal punto dove ci troviamo, sorgeva Gallicchio Vetere, e che secondo la tradizione sarebbe stato distrutto dai Saraceni.
In questa zona ricca di fauna e flora, ricordiamo la presenza del Capovaccaio, rapace dall’aspetto inconfondibile; il Capovaccaio è noto anche con il nome di “avvoltoio degli egizi”. Altezza fino a 70 cm e peso nell’ordine dei 2 kg, può raggiungere un’apertura alare pari a 165 cm. Il piumaggio è prevalentemente bianco – esclusivamente negli esemplari adulti – con penne remiganti nere, che risultano particolarmente visibili durante la fase del volo. Mentre i giovani si distinguono bene per il loro piumaggio ancora scuro, più difficile è riconoscere i sessi: nel maschio è presente attorno agli occhi una striscia nerastra.

L’area SIC Murge di S.Oronzo è compresa interamente nel bacino del fiume Agri. Il sito, di importanza comunitaria, comprende i balzi di San Oronzo, spettacolari pinnacoli conglomeratici alti più di cento metri, formatisi per effetto dell’erosione del fiume agri che nel tempo ha dato origine ad una spettacolare gola che ricorda gli scenari del gran canyon americano. Come una vera e propria porta d’accesso, questo scorcio di Lucania dà il benvenuto ai visitatori che giungono nel parco dalla costa Ionica, offrendo loro un fantastico biglietto da visita. La straordinarietà del Sic Murgia di San Oronzo sta nel fatto che al suo interno si susseguono molteplici ambienti che lo rendono una delle aree a maggiore biodiversità del parco. Lo scenario è mozzafiato. Qui un’escursione di trekking permette di passare dalle rive dell’Agri, ricche di vegetazione ripariale alle pendici limitrofe ricoperte da boschi quercini, fino a una estesa foresta di sempreverdi. Anche la fauna è molto ricca: ci si può imbattere in numerose specie a rischio di estinzione (Lontra, Grifone, Capovaccaio, Lupo Appenninico). Un luogo magico del Parco dell’Appennino Lucano. Un incantesimo della Natura tutto da vivere.

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